Le basi dell’abbinamento cibo-vino e uno schema pratico da tenere a portata di… calice!
L’abbinamento cibo vino è un’avventura entusiasmante, un’esperienza ricca di stimoli, sorprese ed anche con un certo margine di rischio.
Il vino è sempre “partecipativo”, è in grado di instaurare un dialogo. Lo fa con il degustatore e riesce a farlo con il cibo.
Serve un palato allenato per riconoscere un abbinamento impreciso e poco valorizzante, per il vino o per il piatto; ma tutti riescono a percepire la vibrazione di un abbinamento armonico.
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Come realizzare un abbinamento perfetto?
Mettiamo subito in chiaro una regola importantissima: l’abbinamento sulla carta è valido fino a un certo punto. Ci sono una serie di parametri che ci guidano nella scelta del vino, esistono abbinamenti classici, tradizionali e consolidati, ma alla fine il banco di prova è sempre l’assaggio che può confermare la teoria o ribaltare il risultato!
La relazione tra un vino e un cibo non è mai univoca, non esiste un vino per un solo cibo e viceversa, ci sono tante possibilità diverse. Il bello è esplorare le molte alternative e gestire gli imprevisti, ovvero l’estro creativo di un chef o la variabilità di un vino artigianale.
Gli stili della cucina e le ricette variano nel tempo e a seconda del luogo, assecondano le mode, le usanze, le tradizioni e allo stesso modo i vini mutano, per caratteristica intrinseca e per spinte esterne. L’abbinamento è un’attività dinamica, basata sulla sperimentazione, sull’ascolto della tradizione ma anche delle sollecitazioni che provengono da ambiti e contesti diversi.
Anche la soggettività e le preferenze personali non devono essere annullate, ma considerate come un valore aggiunto.
L’atto del nutrirsi non risponde solo a un bisogno fisico, ma anche emotivo e sociale, sempre condizionato dallo stato d’animo del momento, dal contesto sociale e culturale e dall’ambiente. Tutti fattori di cui tener conto nella scelta di un vino da abbinare a un piatto. Tanto che si parla spesso di abbinamento psicologico o emozionale e di abbinamento stagionale.
La regola base dell’abbinamento cibo-vino
Per realizzare un abbinamento armonioso bisogna conoscere bene il cibo e conoscere bene il vino. Può sembrare una regola banale, ma non è così. L’abbinamento è l’aspetto più difficile del lavoro del sommelier, il momento decisivo in cui deve mettere in campo tutte le sue competenze. Conoscere il vino significa non soltanto saperlo degustare e valutare, ma anche avere un archivio di assaggi costruito nel tempo che possano aiutare a prevedere le caratteristiche di una bottiglia non ancora stappata. Conoscere il cibo significa saper analizzare le caratteristiche saporifere e tattili di un piatto, ma anche avere una buona conoscenza delle ricette, delle tecniche di cottura e di conservazione del cibo.
Una indicazione pratica
Quando eseguiamo un abbinamento è importante che cibo e vino entrino nel cavo orale in due momenti separati: prima il boccone e poi il liquido. Quando iniziamo a masticare si forma il bolo alimentare, ovvero l’impasto di cibo triturato e saliva che viene poi deglutito.

Nel momento iniziale della masticazione il bolo è avido di umidità ma, se lo inserissimo prima della deglutizione, il vino andrebbe a mescolarsi con il cibo divenendo parte della ricetta. Il vino va introdotto solo al termine della deglutizione e in assenza di residui di cibo nel cavo orale.
Sandro Sangiorgi nel suo libro “Il matrimonio tra cibo e vino – teoria e pratica di una scelta nobile” parla a tale proposito del “piacere del frammento”: il vino raccoglie l’impronta gustativa del cibo, le diverse componenti si cercano, si incontrano, “sembrano annullarsi per un attimo e riappaiono diverse ed esaltate”.

Le basi dell’abbinamento: contrapposizione e concordanza
Il principio base dell’abbinamento è il contrasto di sapori, non una opposizione netta e battagliera ma un bilanciarsi reciproco tra cibo e vino. Semplificando le sensazioni morbide del cibo, come la tendenza dolce, si abbinano per contrasto con le sensazioni dure del vino, come la freschezza e la sapidità. Si parla di abbinamento per contrapposizione.
La concordanza, ovvero un abbinamento realizzato per similitudine di sensazioni e/o caratteristiche, va ricercata soltanto nei seguenti casi:
- in presenza di un cibo dolce (contenente zucchero)
- in relazione alla struttura del piatto
- in relazione alla persistenza gustativa del piatto
- in relazione alla aromaticità della preparazione
Vediamoli nel dettaglio.
Il dolce con il dolce. Quando abbiamo davanti una preparazione dolciaria, ovvero un piatto che contiene zucchero o miele o altri dolcificanti insieme agli altri ingredienti, il vino da abbinare dovrà essere dolce, ossia avere un residuo zuccherino. Sembrerebbe l’abbinamento più facile ma non è così, perché occorre tener sempre presente tutte le diverse componenti della preparazione dolciaria e la struttura del dolce, oltre all’effetto finale che non deve mai essere stucchevole ma lasciare il palato pulito o pronto al boccone successivo. Un capitolo a parte riguarda l’abbinamento con il cioccolato fondente e i dolci in cui questo ingrediente è dominante.
Struttura del piatto e persistenza vanno di pari passo ed è molto importante che, sotto questo aspetto, ci sia una affinità con il vino. Degustare un Barolo con un uovo al tegamino, o un pesce all’acqua pazza, significa far scomparire a livello gustativo il piatto, e non è valorizzante neppure per il vino. In alcuni casi specifici si può valutare una leggera predominanza del piatto o del vino a seconda dell’obbiettivo dell’abbinamento, potremmo decidere di far emergere maggiormente l’uno o l’altro. In linea generale vale comunque la regola della concordanza.
La ricchezza olfattiva e aromatica di un piatto che, solitamente, si accompagna a una medio-lunga persistenza, è una componente che è bene che il vino raccolga e alla quale sappia tener testa con altrettanta complessità gusto-olfattiva.
Tabella riassuntiva
Cibo | Vino |
---|---|
Tendenza dolce | Sapidità |
Sapidità | Morbidezza (polialcoli) |
Acidità | Morbidezza |
Untuosità (grassi liquidi) | Alcol/Tannino |
Grassezza (grassi solidi) | Acidità (+Effervescenza) |
Succulenza intrinseca | Tannino/alcol |
Succulenza indotta | Acidità/Tannino |
Tendenza amara | Morbidezza (glicerina) |
Dolcezza | Dolcezza (residuo zuccherino) |
Struttura | Struttura/Corpo/Estratto |
Persistenza aromatica | Persistenza aromatica |
La tendenza dolce
Pane, pasta, riso, cereali, legumi e molti ortaggi hanno una tendenza dolce. Allo stesso modo alcuni formaggi, ad esempio quelli a pasta molle o non molto stagionati, conservano la tendenza dolce propria del latte. Anche molti pesci, maggiormente quelli di acqua dolce, e alcuni molluschi hanno una ben percettibile tendenza dolce. Tra le carni quelle a maggiore tendenza dolce sono la carni equine e la carne di struzzo e, in misura minore, il pollame.
La regola vuole che si possa parlare di tendenza dolce di un cibo quando questa caratteristica è intrinseca all’elemento e non sono presenti zucchero o altri dolcificanti. Una crostata alla frutta sarà dolce, mentre un risotto alla zucca avrà spiccata tendenza dolce.
La tendenza dolce fa parte delle “morbidezze” del cibo e il vino risponde con le componenti dure, ovvero la sapidità, spesso supportata da una buona freschezza.
La sapidità
Prendete un granello di sale e lasciatelo sciogliere in bocca. La sensazione che provate è la massima espressione della sapidità; dal punto di vista tattile è una sensazione dura che immediatamente suscita il desiderio opposto, la morbidezza.
La nota sapida deve essere sempre misurata e integrata nella composizione generale di un piatto. Il sale, infatti, è un esaltatore del sapore, come lo sono il glutammato monosodico, presente nella salsa di soia o nel dado da cucina.
Oltre al sale aggiunto, occorre tenere conto di quello naturalmente contenuto negli alimenti. Il Parmigiano Reggiano o un pecorino stagionati hanno una sapidità spiccata. Altrettanto i frutti di mare, il caviale, la bottarga. I fondi bruni e le salse esaltano i piatti a base di carne. Un vino con una buona morbidezza, data dai polialcoli, saprà raccogliere la sapidità di un alimento o di un piatto e prolungarne piacevolmente il sapore, riducendone l’aggressività.
L’acidità e la tendenza amara
Questi sono sapori che nel piatto devono essere ben dosati per rendere possibile l’abbinamento con il vino. Richiedono sempre il bilanciamento con la morbidezza nel vino. Se, tuttavia, sono predominanti sarà molto difficile, se non impossibile, abbinare il vino con soddisfazione. La presenza di aceto o di limone dovrà essere moderata. Allo stesso modo un eccesso di amarezza in un piatto renderà stridente l’abbinamento con il vino, procurando sensazioni spiacevoli nel cavo orale, come ad esempio la sensazione di metallico.
Grassezza e untuosità
Sebbene la grassezza non sia prettamente un sapore (alcuni studi cominciano in realtà a classificarla come tale) essa è una sensazione tattile importante che solitamente amplifica la tendenza dolce e aumenta la struttura e la persistenza del piatto. Si parla di grassezza quando sono presenti grassi allo stato solido, ad esempio il tuorlo dell’uovo sodo o il grasso del prosciutto, di untuosità quando il grasso è sciolto o liquido, come nel caso del burro fuso o dell’olio. La grassezza tende a creare una patina nel cavo orale che un vino ricco di acidità, eventualmente anche effervescente, saprà pulire, mentre la presenza di unto viene bilanciata bene dall’alcol e dal tannino. L’alcol è un agente disidratante, e il tannino tende ad asciugare.
La succulenza
La succulenza è la presenza di liquido in bocca. Può essere intrinseca, quindi propria di un alimento o di un piatto, o indotta da cibi che favoriscono una abbondante salivazione. Una mozzarella di bufala, una bistecca al sangue servita ben calda, o una zuppa avranno succulenza intrinseca; cibi particolarmente poveri di acqua, con un formaggio molto stagionato, favoriranno la produzione di saliva sia durante la masticazione che dopo la deglutizione. Tutti i cibi hanno una loro succulenza, ma solo quando il livello di percettibilità di questa sensazione è elevata ne dovremmo tener conto nell’abbinamento facendoci aiutare dal tannino e/o dall’alcol. L’addizione di spezie e erbe aromatiche, una buona sapidità, la tendenza amarognola e la tendenza acida, aumentano la succulenza. Bisogna anche tenere conto di un altro fattore: quando la succulenza è indotta e quindi “necessaria” alla corretta assimilazione del cibo, con il vino dovremmo prima favorire la salivazione con l’acidità e poi asciugare con il tannino.
Il sapore di un cibo, quasi sempre, scopre le qualità di un vino e le esalta. A loro volta le qualità di un vino completano il piacere di un cibo e lo spiritualizzano
Luigi Veronelli

Luigi Veronelli è stato il primo a scrivere di abbinamento cibo-vino. Bere giusto è un libro da collezione, “miracolosamente” tornato disponibile qui
Ogni piatto presenta una o più caratteristiche di sapore principali che, unitamente alla valutazione della struttura, ci guidano nella scelta del vino.
Non facciamo mai l’errore di prendere in esame una sola componente senza tener conto dell’insieme. Faccio un esempio: un uovo sodo avrà tendenza dolce e grassezza, discreta succulenza indotta, ma struttura esile, quindi non userò la forza sgrassante del tannino e dell’alcol, perché mi porterebbe a selezionare un vino sovra strutturato rispetto al piatto, sceglierò piuttosto un vino fresco e sapido, anche effervescente, dal medio tenore alcolico.
Avere una cantina personale permette di scegliere tra un repertorio di bottiglie quella adatta per l’abbinamento con la ricetta decisa all’ultimo momento.
Gli abbinamenti difficili e impossibili
Ci sono cibi difficili da abbinare con il vino. Il cioccolato fondente oltre l’80% è uno di questi. Difficile, in questo caso, vuol dire stimolante. I vini liquorosi e speciali possono creare vere estasi, ma ne parleremo in un capitolo a parte. Alcune tipologie di caviale possono avere una persistenza aromatica talmente intesa e lunga da sovrastare il vino, tanto è vero che la tradizione russa fa ricorso alla vodka. La frutta, servita da sola, solitamente non viene abbinata al vino, quando è all’interno di un dessert può essere gestita. Il gelato tende ad anestetizzare le papille gustative e pertanto risulta non abbinabile.
Gli alimenti “impossibili” sono il finocchio, il carciofo, gli asparagi, l’aglio e la cipolla crudi. Quando cotti, in ricette studiate, si può tentare provando alcuni vini.
Non è obbligatorio abbinare ogni cibo al vino! Ci sono tante alternative: caffè, distillati, birra o semplicemente l’acqua!
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