I vini della libreria: Costa D’Amalfi Rosato 2018 Tenuta San Francesco
I falsi miti sul vino rosato sono ancora decisamente troppi e ingiustificabili dal nostro punto di vista.
A quanto pare anche Gianni Mura non amava il vino rosé che paragonava al punto e virgola nella scrittura. Il vino o è rosso o e bianco, meglio naturalmente il rosso, diceva.
Noi, al contrario, apprezziamo il rosato in tutte le sue innumerevoli sfumature e declinazioni: vino estivo e gioioso, da bere giovane o evoluto fino alle interpretazione che sfidano il tempo.
L’ultimo convincente assaggio è il rosato di Tenuta San Francesco di Tramonti, polmone verde della costiera amalfitana. In questo territorio estremo, tre storiche famiglie (Bove, D’Avino e Giordano) gestiscono vigneti prefillossera, dove piante secolari di tintore, aglianico e piedirosso si presentano in tutta la loro imponenza dando vita a vere e proprie sculture naturali.
In retroetichetta si legge: “Il Costa d’Amalfi rosato da uve aglianico e piedirosso provenienti dagli antichi vigneti dell’alta costa, coltivati a piede franco, si caratterizza per l’elegante freschezza, note di lampone e rosa. Ideale per antipasti e cucina di mare”.
Aggiungiamo che profuma di melograno, fragoline di bosco e fiori freschi. Al gusto riesce a coniugare rotondità e freschezza, chiude lungo e salino, per un sorso appagante e di grande personalità.
Non sappiamo se Gianni Mura abbia mai assaggiato questo vino. Magari avrebbe avuto modo di apprezzarlo e cambiare idea, chissà. Di certo, sarebbe piaciuto a Paolo Monelli che già citava il vino rosa di Ravello, attuale sottozona della DOC Costa d’Amalfi, nel suo libro O.P. ossia il vero bevitore (Longanesi, 1963):
Infine, dopo essermela presa con gli osti ignoranti e i loro clienti sciattoni e con gli astemi, voglio dirne quattro anche a quei produttori che si son messi a fabbricare il vino rosa. Intendiamoci; non quei rosati che si producono da un pezzo, ed hanno una tradizione e nobile origine, come il rosa di Ravello, il vin de rosa di Parenzo, i cerasuoli d’Abruzzo, i rosa di Gioia del Colle; come i rosa della Valtenesi, basse colline lungo la riva destra del Garda, da Padenghe a Salò. Ma da qualche tempo si sta progettando da parecchi produttori di scolorire in rosa tutti i vini rossi e neri, mescolando al loro mosto pallide vinacce, alterandoli con anidride solforosa e acido carbonico, filtrandoli attraverso carbone vegetale; e questo perché si dice dai commercianti che i consumatori preferirebbero i vini color di rosa agli altri ritenendoli più innocui; e perché, si aggiunge, alcune giurie di recenti concorsi hanno premiato più volentieri i vini rosati e bianchi, giudicando indegni di menzione gagliardi vini rossi, scarlatti, porporini, violacei, come la barbera, la freisa, il lambrusco, il gragnano, il sangiovese, nero rude e tonico del bosco Eliceo nelle valli di Comacchio, e via citando. Ora se davvero in Italia, per un capriccio di snobbini e di dame dallo stomacuzzo nevrastenico ci si mette a cambiare una qualità antica e tradizionale del vino, immutata dal tempo degli etruschi e degli osci, tutto possiamo aspettarci dai contemporanei, che facciano del Colosseo uno studio cinematografico, e si imponga per legge la cucinatura degli spaghetti per un tempo non inferiore a mezz’ora degli spaghetti per un tempo non inferiore a mezz’ora per la fedeltà del Patto Atlantico (cioè ai gusti degli americani) e che si crei una stazione per elicotteri in piazza San Marco a Venezia.
Il nostro ultimo vino della libreria è Costa D’Amalfi Rosato 2018, Tenuta San Francesco
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