Codice Citra: 14 annate di Caroso Montepulciano
Codice Citra, fondata nel 1973, è una cooperativa di secondo livello, riunisce nove realtà vinicole della provincia di Chieti e conta 3000 famiglie di soci vignaioli. I vini provengono da zone di produzione che si differenziano per esposizione e altitudine delle vigne, sistema di allevamento, composizione del terreno e tecniche colturali.

Caroso è un nome di fantasia, forse originato dalla parola “caro”, ma potrebbe benissimo indicare un luogo o, meglio, un non-luogo costituito da pezzi di vigne e volti, grappoli di montepulciano d’Abruzzo turgidi e violacei e braccia forti e scure di sole. Un puzzle, composto da pezzi materiali e immateriali, nella provincia di Chieti, una delle più vitate d’Italia e, più precisamente tra Vasto e Pollutri, in una fascia collinare che corre parallela tra il mare Adriatico e la Majella.
Può essere considerato il vino icona di Codice Citra sintetizzandone lo stile enologico e la vocazione alla qualità. La prima annata di Caroso è la 1975. Negli anni è sostanzialmente rimasto fedele ad una idea di base: essere un vino rappresentativo della realtà enologica del territorio e del vitigno Montepulciano d’Abruzzo, mantenendo un ottimo rapporto qualità prezzo (sotto i 20 euro in enoteca). Quindi, in sintesi, identità e accessibilità.
In generale il vino Caroso si presenta rosso rubino con sfumature violacee, di corpo e ricco di estratto, con un tannino avvolgente maturato in botte grande e dal 1997 anche in barrique. Codice Citra vanta una delle bottaie più grandi del Centro-Sud Italia, per estensione e capacità.
Nella verticale storica organizzata dalla Cantina e magistralmente condotta da Manuela Cornelii, sommelier AIS ed esperta in Analisi Sensoriale, presso il suo wine-bar Riff a Pescara, sono state presentate ben 14 annate di Caroso, dal 1988 al 2017 (da poco imbottigliato e non ancora sul mercato).

Come in un romanzo corale, abbiamo letto, anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia, la storia di una parte d’Abruzzo. Storia di contadini, di famiglie, e anche di chi ha cercato di organizzare e attualizzare questo patrimonio umano e culturale.
Manuela Cornelii Pina D’Eusanio Valentino Di Campli
Le annate migliori
1997
Una delle bottiglie migliori. Naso complesso con note balsamiche, vaniglia e un sottofondo di amarene. Elegante e persistente.
2004
Vino molto equilibrato. Naso di liquirizia e spezie dolci, tannini vellutati, finale morbido. Il “piacione” della serata.
2013
Rosso rubino vivace, con un naso fresco e variegato, dall’arancia rossa alla vaniglia, dalla noce moscata al caffè. Sorso avvolgente e finale buono.
2015
La vendemmia 2015 ce la ricordiamo bene. Le uve erano molto sane e integre. Questa integrità risplende nel Caroso 2015. Rosso rubino carico, naso intenso ed elegante e un tannino pulito. Morbido e arricchito da una piacevole sapidità. Finale lungo.
Le annate interessanti
1991
Vino molto consistente e ricco di estratto, espressione di un’annata calda, quasi siccitosa, con una produzione bassa ma di buona qualità. Equilibrato in bocca.
1992
Vino meno preciso e leggermente più scarico, tanto da andare più in verticale che in orizzontale. Interessante il sentore di liquirizia, tipico del montepulciano ed emergente in questo vino.
1993
Bouquet olfattivo interessante soprattutto per i richiami minerali, misti a caffè e cuoio. In bocca un po’ stanco.
1994
Naso elegante con una parte floreale importante di potpourri, paglia, foglie di tabacco. Maggiore trama tannica rispetto ai precedenti e un ritorno fruttato.
La più evocativa: la 1988
Il vino è tempo imbottigliato. A volte beviamo il futuro, altre volte il passato. Esiste il momento opportuno, quando il vino è armonico e la degustazione è una epifania. “Vecchio” è ormai una parola tabù, almeno nel mondo Occidentale. Un vino vecchio, tecnicamente, non è più nella sua forma migliore. Anna Magnani disse al suo truccatore: “Lasciami tutte le rughe, ci ho messe una vita a farmele”. Anche le rughe e le mancanze raccontano nel vino ciò che è stato. A volte un ricordo lontano di frutto maturo o un sussurrato fiore secco sono l’eco del vitigno; il tabacco, il cuoio, il te, la memoria del legno; le note eteree, le erbe officinali, il commiato dell’attore. Il Caroso 1988 si è esibito così, senza trucco, con tutta l’intensità delle sue rughe.
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