Montepulciano d’Abruzzo 50 anni DOC
L’Abruzzo è una regione dai molti colori: una lunga striscia dominata dal blu del mare Adriatico, una fascia parallela che va dal dorato della sabbia alla tante sfumature dei sassi nella parte costiera più a sud, un’ampia area verde con colline coltivate e il bianco delle cime innevate del Gran Sasso e della Maiella, custodi dei molti volti e dei compositi dialetti del popolo abruzzese. Eppure c’è un filo rosso che unisce paesi, comuni, province, famiglie; un filo rosso dalle tinte violacee che ricorda il colore del sangue. Tutte le anime di questa regione si fanno corpo attraverso un fluido rigeneratore che porta il nome di Montepulciano d’Abruzzo.
In un Paese come l’Italia dove esistono migliaia di vitigni autoctoni, una Regione, nella quale una sola uva connota la produzione vinicola di vino rosso, non può che legare indissolubilmente la sua identità a questo stesso vino. Non sorprende quindi che, per molti abruzzesi, vino rosso e Montepulciano d’Abruzzo vengano considerati sinonimi.
Un vitigno sanguigno, coriaceo, resistente e un vino intenso, forte, longevo. Il Montepulciano d’Abruzzo racconta la tempra e il carattere indomito degli Abruzzesi, una certa saggezza contadina applicata al lavoro e alla economia familiare. Insieme ne marca anche i limiti, quell’atteggiamento di diffidenza e quel pragmatismo a volte incapaci di valorizzare i propri sforzi, di aprirsi al Mondo fuori dai propri confini geografici e sociali. Cinquanta anni della Denominazione ci parlano di come questo popolo abbia saputo plasmare una regione attraverso il lavoro, passare dall’essere produttori inconsapevoli a vignaioli in grado di creare un vino di qualità.
Le tracce storiche sull’origine del Montepulciano sono poche e confuse. Per molto tempo si è pensato che esso avesse dei legami con la Toscana e la città di Montepulciano. Pertanto il Montepulciano sarebbe stato un altro nome per intendere il Sangiovese.
Vecchi studi come il “Saggio itinerario nazionale pel Paese de’ Peligni” di Michele Torcia di fine ‘700 e la Monografia storica di Sulmona dell’anno 1852 di Serafini, indicano con chiarezza che il vitigno era già stato identificato come separato dal Sangiovese. Secondo il ricercatore Giancarlo Moretti, nel 1875, alcuni documenti scritti riportano correttamente la descrizione dell’uva Montepulciano denominato Montepulciano Cordisco.
Nel 1926 Bruno Bruni affermò: “pochi vitigni hanno differenze di caratteri e di attitudini così profonde come il Sangiovese e il Montepulciano per conseguenza non si debbono confondere.”
E aveva perfettamente ragione! Italo Cosmo, finalmente, nel 1948, con descrizioni e studi comparativi, toglierà ogni dubbio sulla autonoma individualità dei due vitigni.
Secondo l’enologo Romeo Taraborrelli, i descrittori comuni di tutte le zone sono la liquirizia, lo speziato e i frutti rossi. In ogni comprensorio emergono uno o più descrittori: nel Chietino compaiono i sentori di caffè tostato, cacao, amarena, mora ed eucalipto; nel Teramano affiorano le note di inchiostro, frutta rossa matura, lampone e mirtillo; nel Pescarese si accostano le nuances di drupe e bacche rosse, lampone e ciliegia; nel Vastese la viola e il tabacco; nell’Aquilano spiccano la china e la mora.
Edoardo Valentini, Emidio Pepe, Nicola Santoleri, Gianni Masciarelli sono alcuni dei nomi di coloro che hanno creduto nella potenza di questo vitigno e di questo territorio ed hanno iniziato a porsi l’obiettivo di fare un vino dalla personalità definita. Vignaioli che hanno scelto la qualità, in un momento in cui in Abruzzo si lavorava di quantità e che, soprattutto, hanno saputo concentrare la loro attenzione sulla capacità di invecchiamento del Montepulciano d’Abruzzo. Oggi sono molti i giovani (non solo in senso anagrafico) che stanno lavorando per conservare e ampliare questo approccio al Montepulciano con risultati ottimi.
Noi abbiamo selezionato alcune bottiglie rappresentative di questo lavoro e di questa evoluzione. E, insieme, a Pepe, Valentini, Santoleri e Masciarelli, abbiamo scelto di inserire De Fermo e il suo Prologo perché riteniamo che rappresenti una affascinante interpretazione del vitigno e del territorio collinare pescarese. Certo la scelta è stata ardua e si siamo riservati di continuare ad esplorare questo patrimonio anche attraverso tanti altri produttori (come Praesidium, Illuminati, Cataldi Madonna, Bosco, Valle Reale e molti altri “giovani”) che ci stanno regalando bellissime esperienze gustative.
Montepulciano d’Abruzzo Prologo 2012 DE FERMO
Naso che si concede soltanto a chi sa aspettare. Amarena, mirtillo e nota ferrosa. Sottofondo vegetale e speziato, chiodo di garofano e radice di liquirizia. Ma è in bocca che dimostra di avere la stoffa dei migliori. Sorso generoso, energico con un tannino ancora tenace che con il passare del tempo crescerà di eleganza. Promettente. Il ragazzo è giovane ma si farà, come il Nino di De Gregori.
Montepulciano d’Abruzzo Crognaleto Riserva 2000 SANTOLERI
Naso austero da montepulciano vecchia scuola con inchiostro in evidenza. Si concede lentamente con note di cuoio, cioccolato e tabacco. In bocca è autentico, potente e ampio. L’alcolicità sembra sfocare la trama tannica profonda e vellutata. Più forte che gentile.
Montepulciano d’Abruzzo Villa Gemma 1995 MASCIARELLI
Rosso rubino compatto, impenetrabile, sembra non volerne sapere di sfumare sul granato. Un colore che non ti aspetteresti da un giovanotto ventitreenne. Il Montepulciano sa essere anche questo. L’affinamento in barrique regala un’intensità più importante, senza compromettere il quadro olfattivo di grande eleganza. Apre con una miscellanea di frutto rosso maturo, cuoio, cacao, poi vira su note balsamiche. Sorso potente, avvolgente, lungo; sostenuto da una incredibile freschezza che lo rende dinamico e ancora in divenire. Si conferma una monumentale interpretazione moderna del vitigno firmata Gianni Masciarelli, abile maestro nel gestire materia e legno.
Montepulciano d’Abruzzo 1987 VALENTINI
Naso di assoluta finezza. Si muove leggiadro tra la tipica nota di caffè valentiniana, tabacco, pellame, fino a spaziare su note carnose. In bocca regala una materia avvolgente, elegante, lunghissima con ritorni ematici e di torrefazione. Un “gentiluomo di campagna” – come Valentini ama definire il Montepulciano d’Abruzzo – di grande personalità e riconoscibilità. Tutto questo in 12,5% di gradazione alcolica. Il Montepulciano d’Abruzzo sa essere anche questo (bis).
Montepulciano d’Abruzzo 1977 PEPE
Naso delicato, etereo: elisir di erbe officinali e polvere di liquirizia. Lievi sentori terrosi, minerali e un ricordo di arancia essiccata completano un quadro olfattivo suggestivo e struggente. Il sorso cristallino stupisce per integrità e finezza e regala vivace sapidità e ritorni di agrumi canditi. Si distende deciso e lungo, orgoglioso di ciò è stato, consapevole di quello che può ancora essere. Ha la decadenza piena di vita e calore di un tramonto d’autunno.

Montepulciano d’Abruzzo 1977 PEPE

Al nostro tavolo con gli amici della Fillossera
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