Metti un Echézeaux in un ordinario mercoledì di novembre

di Giovanni Carullo

Vosne-Romanée è considerato uno dei comuni più emblematici di Borgogna, probabilmente, il vero cuore pulsante dell’intera regione. Secondo Clive Coates, autorevole Master of wine, è un luogo capace di produrre “the greatest pinot noir village on earth”. L’abate Claude Courtépée, storico e geografo del XVIII secolo, affermava che a Vosne non esistono vini ordinari. Un comune con meno di 400 abitanti che conta 100 ha di vigneti classificati village, 57 ha di premier cru e 75 ha di grand cru. Possiede otto grand cru e presenta generalmente terreni poco profondi con una delle composizioni più diversificate della regione (argille, calcare, e ciottoli) che conferisce complessità e dettaglio ai vini.

È con queste premesse che mi ritrovo in un ordinario e uggioso mercoledì di fine novembre presso l’Oasi Cannettacci di Castelferretti (An) per un serata dedicata esclusivamente al pinot noir di questo village. A condurre il viaggio Valerio Briss di Wine Inside, affiancato da Marco Paoletti nella selezione delle etichette.

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Il primo rosso delle batteria, in rigoroso ordine di servizio, è Vosne-Romanée Vieilles Vignes 2014 di Domaine Aurelien Verdet, giovane produttore che continua il lavoro del padre, uno dei pionieri della viticoltura biologica in Borgogna. Ai  4,5 ettari di proprietà a Haute Cotes coltivati in biologico dagli anni ’70, si sono aggiunti vigneti in affitto a Vosne-Romanée, compresi alcuni premier cru. Vosne-Romanée Vieilles Vignes 2014 proviene da quattro piccoli appezzamenti piantati nel 1970. Spezie dolci, fiori secchi e una leggera nota di arancia rossa sembrano essere in linea con i presupposti del promettente millesimo 2014. Peccato che al sorso non ci sia conferma. Si percepisce una materia valida e vivace ma al momento slegata e penalizzata dall’invadenza dei sentori di tostatura.

Ci aspetta un tris di vini del 2012 che si apre con il Vosne-Romanée “Aux Reas” 2012 di Domaine Thibault Liger Belair, altra azienda gestita da forze giovani, in regime di agricoltura biodinamica. Dopo gli studi in enologia e un’esperienza lavorativa da dipendente, Thibault decide di gestire la storica azienda di famiglia fondata nel 1720 e quotata alla borsa di Lione nel 1923. Parcella di 0,55 ettari confinante con il premier cru “Clos des Reas” (che chiuderà la tripletta 2012) con suolo molto inclinato a prevalenza calcarea. Dopo un’iniziale riduzione, si concede con note di frutti scuri seguite da liquirizia, fungo, ginger e spezie. All’assaggio è carico di materia che si distende larga e succosa. Molto intensa l’aromaticità fruttata che a tratti imbriglia il sorso in una sensazione di staticità. Vino di tempra, con maggior energia che finezza.

Il secondo vino del 2012 è Vosne-Romanée “Les Champs Perdrix” 2012 Domaine Bruno Clair. Azienda fondata nel 1979, oggi conta 23 ettari distribuiti tra  Côte de Nuits e Côte de Beaune. A Vosne-Romanée  possiede un vigneto di quasi un ettaro in questo cru situato nella parte superiore della stessa fascia collinare che ospita La Tache e altri grand cru. Si presenta timido con sentori terrosi di humus e funghi, poi zenzero, fino ad aprirsi con finezza su note floreali e speziate. Il sorso è agile ed elegante, coerente nei ritorni olfattivi. Vino di buona piacevolezza con una potenza espressiva intensa e vivace anche se non particolarmente profonda.

Chiudiamo la tripletta con Vosne-Romanée  “Clos des Reas” 1er cru 2012 di Domaine Michel Gros, il premier cru che confina con “Aux Reas” di Domaine Thibault Liger Belair, come anticipato. Michel Gros rappresenta la sesta generazione della famiglia Gros, presente a Vosne dal 1830, e produce in proprio dal 1979. Appezzamento  dalla forma triangolare e dal sottosuolo ricco di calcare e marne, Clos des Réas è il premier cru collocato più a sud e più in basso lungo il pendio di Vosne-Romanée. Subito tabacco, seguono humus e fiori secchi. Arrivano le ormai immancabili spezie in tutta la loro finezza: cardamomo, china, pepe nero. Il livello si alza, le aspettative aumentano di conseguenza e l’assaggio non le tradisce. Il sorso è pieno, a tratti carnoso con un tannino di ottima piacevolezza. Si allunga con agilità e persistenza della speziatura con finale agrumato. Vino carico di sapori, solido e fine.

La degustazione prosegue con due vini del 2011. Il primo è Vosne-Romanée  “Bossieres” 2011 di Domaine Jean Grivot, azienda tra le più antiche e note in zona, con 42 ettari tra le migliori appellation di tutta la Cote de Nuits. Oggi alla sua guida c’è Etiene Grivot che, dopo alcune esperienze in California e in Francia, prosegue l’attività di famiglia. È chiuso, sembra non volersi concedere, fino a quando non emergono note erbacee e balsamiche. Evolve con sentori di tabacco, spezie e cioccolato. Dà il meglio di sé sul piano gustativo: potente, carnoso e vellutato. La persistenza notevole ed elegante. Vino di autentica personalità espressiva.

Decisamente differente l’interpretazione dello stesso di millesimo da parte del Domaine Bruno Clavelier con Vosne-Romanée  “Les Hautes de Beaux Monts” 2011. Vigneto del 1988 situato nella parte più alta della collina (da 320 a 340 m slm), con terreno di pochi centimetri di spessore, estremamente sassoso e povero. Anche qui il naso è centrato su note eteree piuttosto che sul frutto, seppur in maniera sfocata. Sentori di lacca e plastica emergono da un profilo olfattivo confuso, a tratti polveroso. L’assaggio conferma le perplessità. Da una parte il frutto ricco, morbido a tratti dolciastro, dall’altra una spiccata freschezza non integrata. In chiusura un finale da arancia amara. Bottiglia poco fortunata o vino che ha particolarmente sofferto l’annata complessa e articolata?

Il tempo di superare queste perplessità e tutta la nostra attenzione si sposta sul pezzo forte della serata: Vosne-Romanée Echezeaux 2007 Domaine de la Romanée Conti, azienda leggendaria che non necessita di presentazioni, nota ai più con l’acronimo DRC.  “Di tutti i Cru del Domaine, è il più precoce e meno complesso. Sboccia prima degli altri con un’incantevole chiarezza di espressione: una seducente tenerezza veste un scheletro di acciaio che gli permette di evolvere con eleganza. È il fratello minore del glorioso Grand-Echézeaux di cui aspira ad uguagliare la fortuna. A volte se ne avvicina, con un linguaggio muscoloso e conquistatore”, queste le parole con cui DRC descrive il grand cru Echézeaux di cui possiede quasi 5 ettari. La nostra è la bottiglia n. 3771 di 14796 prodotte. Avvicino il naso al calice e la mente vola subito al Grande Bazar di Istanbul. Un trionfo di spezie di grande intensità e mutevolezza. Cannella, cardamomo, anice stellato e noce moscata si susseguono senza fine. Tra acuti e riflessioni esotiche, emergono ammalianti sentori floreali e una nota di arancia essiccata che appare e scompare. Lo porto in bocca e colgo significati, grandezza e mito del blasone. La trama è larga, carnosa e setosa, la tessitura tannica raffinata. Riesce a coniugare vivacità e piacevolezza superlative con lunghezza e bevibilità incredibili.

Impossibile non essere d’accordo con Clive Coates e Claude Courtépée. Vini straordinari in un ordinario mercoledì di fine novembre.

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In alto i 3 migliori assaggi della serata (DRC, Gros e Grivot)

 

 

Informazioni su La Fillossera - Innesti di vino e cultura ()
Graziana Troisi è l'autrice del blog e degli articoli. Alcuni articoli sono di Giovanni Carullo.

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