La birra non esiste. Più corretto usare il plurale: questione di stile
Cereali, acqua, luppolo e lievito, diversi stili, moltissime sfumature di colore, affascinanti giochi di schiuma, arte antica dei mastri birrai e, quasi sempre, ci si limita ad ordinare una “birra”.
Secondo alcuni archeologi l’orzo è stato il primo cereale coltivato dall’uomo ed è probabile che dal tentativo di conservare i chicchi raccolti, in cisterne piene di acqua si sia innescata a causa della azione di lieviti selvaggi una fermentazione dando luogo a una bevanda molto simile alla birra.
La prima prova della produzione di una pozione assimilabile alla birra risale a circa il 3700 a.C. in Asia. I popoli artefici della sua diffusione furono i Sumeri, gli Assiro-Babilonesi (attività svolta dalle sacerdotesse), e in seguito gli Egizi. Anche gli etruschi bevevano birra, mentre Greci e Romani la chiamavano vino d’orzo. Per questi ultimi la birra era una bevanda rozza adatta più ai “barbari” e di fatto la sua produzione ebbe maggiore fortuna nei paesi nordici, dove le basse temperature erano più adatte alle esigenze del lievito da birra. I primi veri esperti di tecnologia birraria furono i frati dei conventi dell’Europa Centrale, va a costoro il merito di aver introdotto l’uso del luppolo, individuandone anche le proprietà antisettiche.
Nel 1516 Guglielmo IV Duca di Baviera promulga la Legge bavarese di Purezza, attraverso la quale, per la produzione della birra, si impedisce l’utilizzo di ingredienti diversi da orzo, luppolo ed acqua (attualmente la legge è rimasta in vigore nella sola Baviera).
L’evoluzione dell’arte birraia è stata possibile grazie allo sviluppo della produzione del vetro e al perfezionamento delle bottiglie nella seconda metà del 1800 e alla ricerca sui lieviti. Sul finire dell’ottocento, con gli studi sui processi di fermentazione di Louis Pasteur ed Emil Hansen diventa possibile una produzione consapevole e sistematica della birra.
Proprio il tipo di fermentazione distingue lo stile birraio.
Per le birre ad alta fermentazione si utilizzano lieviti Saccaromyces Cerevisiae che entrano in azione a una temperatura compresa tra i 15° e i 25°. Nel tino di fermentazione la schiuma che li contiene sale verso l’alto, galleggiando. Il risultato è un gusto più espressivo e personale. Sono di questo tipo le birre Ale, Stout e Trappiste.
Nelle birre a bassa fermentazione entrano in azione i lieviti Saccaromyces Carlsbergensis che agiscono ad una temperatura compresa tra i 7° e i 13°; durante la fermentazione questi lieviti si depositano sul fondo del fermentatore. Indicativamente le birre a bassa fermentazione sono le Lager.
Le birre a fermentazione spontanea sfruttano i lieviti naturali presenti nell’aria, il Brettanomyces bruxellensis e il Lambicus. Birre a fermentazione spontanea sono le Lambic che nelle diverse miscele danno origine alle Faro (addizione di zucchero) alle Frambozen (addizione di sciroppo di lampone) alle Kriek (addizione di succo di ciliegia) e alle Gueuze (miscela di lambic più giovane e più vecchia).
Interessante , bevo molto volentieri la birra, evitando quelle a doppio malto o quelle dal gusto simil caramella , anche se a tavola quando il gioco diventa duro, è sempre un buon vino a a tenere testa..
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