Cococciola: vitigno bianco d’Abruzzo
Fuori dall’Abruzzo la cococciola la conoscono in pochi.
La sua origine è incerta; una citazione del vitigno è contenuta nell’opera degli ampelografi francesi Viala e Vermorel nel 1909 che lo classificano come autoctono abruzzese.
La genesi del suo nome è misteriosa, a mio avviso potrebbe collegarsi ai termini dialettali utilizzati per descrivere le cucurbitacee “chicocce” o la testa “coccia” con fatto riferimento al suo acino grande e dalla buccia spessa e striata e alla sua vocazione naturale alla quantità, elementi che potremmo associare alle striature presenti sulle zucchine (le “chicocce”) o semplicemente all’usanza di chiamare coccione o chicoccia qualcuno che ha la testa grande e/o dura. Si tratta, ovviamente, di supposizioni personali; forse potrebbero illuminarci i contadini più anziani della provincia di Chieti, visto che proprio in questa zona si colloca l’origine e la maggiore presenza di questa varietà.
Il grappolo, piuttosto compatto, è di forma conico-cilindrica, spesso alato e talvolta spargolo. L’acino, come dicevo, è di grandi dimensioni e di forma rotonda, con buccia spessa e pruinosa, di colore giallo verdolino e, a maturazione, può presentare delle striature o della macchie marroni. Ha maturazione mediamente tardiva e la raccolta si effettua tra la fine di settembre e la prima settimana di ottobre.
Per molto tempo la cococciola è stata utilizzata come uva da taglio per conferire, grazie alla sua spiccata acidità fissa, nerbo e freschezza al Trebbiano.
Soltanto da pochi anni alcuni produttori hanno scelto di vinificare quest’uva in purezza con ottimi risultati. A sancire il processo di valorizzazione del vitigno, nel 2010 è stata istituita la denominazione Abruzzo Cococciola Doc. Il disciplinare richiede la presenza minima dell’85% di cococciola, con un eventuale saldo di altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Abruzzo. È prevista anche la versione Superiore e Spumantizzata, quest’ultima con un minimo del 60% di cococciola.
I vini ottenuti a partire da quest’uva hanno un colore giallo paglierino con riflessi verdolini, un profilo olfattivo delicato caratterizzato da sentori floreale e fruttati, con peculiari note citriche e alcuni sentori erbacei. Al palato sono connotati da una spiccata freschezza e una buona sapidità.
L’abbinamento ideale è con crudi di mare e sushi, con la mozzarella di bufala regala particolare soddisfazione.
Una delle fonti per questo articolo è l’indispensabile Guida ai vitigni d’Italia, Slow Food Editore.
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