Il vino vegano esiste?

Secondo l’ultimo rapporto Eurispes il numero dei vegetariani e dei vegani in Italia è aumentato e si assesta su un 7,6% del campione analizzato. Circa un 3% sono i vegani.

Chi sono i vegani? Persone che scelgono di eliminare dalle loro scelte di consumo prodotti e derivati di origine animale o che prevedano lo sfruttamento degli animali. Scelta che vale per i vestiti, gli oggetti di uso comune e l’alimentazione. Se, come sostengono in molti, il veganesimo puro è una ideologia utopista, i vegani sostengono che fare qualcosa è comunque meglio che non fare nulla.

I vegani cominciano quindi a costituire una nicchia di mercato importante e negli ultimi anni sono aumentati i prodotti certificati vegan.

Sono arrivati anche i vini vegani. Ricordo bene, un paio di anni fa durante una fiera il mio incontro con due amici vegani che bevevano serenamente vino. Il vino si fa con l’uva, quindi più vegano di così! Gli dissi, scherzando, che a voler essere pignoli il vino non è proprio vegano, perché molto spesso si utilizzano nel suo processo di produzione derivati di origine animale, come le albumine, le caseine e le gelatine. E poi, aggiunsi, fresca della mia prima vendemmia, che non potevano immaginare quanti insetti finissero nella pressa schiacciati insieme agli acini. Li vidi più turbati che divertiti.

Il “partito” vegano, come è stato recentemente definito da un giornalista de L’Espresso, si schiera spesso con il biologico. Così nel vino abbiamo il bio, il vegano, il biodinamico ad aumentare una confusione che nel pubblico generalista è già alta. Alla base del dibattito non ci sono soltanto una diversificazione dei metodi e delle filosofie produttive ma i concetti di salute e di etica. Il vino vegano è più sano? Soprattutto il vino vegano è più etico?

Di fatto l’elemento che maggiormente stizzisce i “non-vegani” è la presunta superiorità etica del veganesimo (sostenuta da molti vegani, ma sia chiaro non da tutti) che in questo assume molte caratteristiche tipiche della religione e delle ideologie totalitarie.

Ora, è evidente a tutti quanto l’alimentazione costituisca uno dei temi fondamentali per l’essere umano; lo è a livello personale, sociale, culturale; è legato alla sfera dei bisogni primari e insieme ad aspetti edonistici e ludici. All’alimentazione è legata la nostra salute e la salute del pianeta. L’atto di nutrirsi è complesso e lo è diventato molto di più con l’industrializzazione e la globalizzazione. L’universo simbolico legato al cibo è articolato e  ricco di strutture e sovrastrutture che per essere analizzate andrebbero “sfogliate” come si fa con una cipolla. A fronte di uno sfruttamento imprudente e feroce delle risorse naturali, della produzione insostenibile di scarti industriali e dello spreco inaudito prodotto dal dominio delle multinazionali e della grande distribuzione, sullo sfondo di buona parte della popolazione mondiale che muore ancora di fame e di sete, è doveroso e inevitabile liberarsi dall’etichetta di mero consumatore e porsi come protagonisti consapevoli della produzione e dell’acquisto del cibo.

Ridurre il consumo di carne nei paesi occidentali è essenziale ma non sufficiente. Occorre anche saper scegliere la carne giusta. Animali maltrattati in allevamenti intensivi, bombardati di steroidi e antibiotici, macellati prima del tempo non solo non sono sani ma non sono neanche buoni. Il discorso sulla carne va esteso a tutti gli alimenti. Purtroppo anche i prodotti vegetali e cerealicoli possono non essere “sani, giusti e puliti” (cit. Carlo Petrini). Bisogna interrogarsi sempre sulla provenienza degli alimenti che portiamo sulla nostra tavola.  Moltissimi alimenti di origine non animale come la quinoa, l’amaranto, la soia, l’avocado, per fare soltanto alcuni esempi, vengono coltivati in paesi in via di sviluppo. L’aumento della domanda ha comportato un abbassamento della biodiversità in questi paesi con lo sviluppo di colture monovarietali e un cambiamento significativo nelle stesse abitudini di consumo di queste popolazioni. Se lo sfruttamento degli animali è ingiusto, non lo è anche lo sfruttamento della manodopera umana? Qui un interessante articolo che riporta alcuni esempi per comprendere meglio questi aspetti.

Tornando al vino che, nella questione, riveste un ruolo a mio avviso molto meno significativo, quali sono gli elementi che contraddistinguono quello vegano?

Come dicevamo il primo passo è eliminare tutti gli additivi e i coadiuvanti di origine animale utilizzati nel processo di produzione , come ad esempio, l’albumina d’uovo o di sangue, la gelatina animale, la colla di pesce o di ossa e la caseina che sono consentiti dalla legge per chiarificare, filtrare e sbianchire il vino nelle diverse fasi di lavorazione. Ovviamente, nella produzione di vini vegani è vietata l’aggiunta di qualsiasi derivato di origine animale in qualsiasi fase di produzione, quindi anche nel confezionamento e nell’uso delle colle per l’etichettatura. Alcuni dibattono anche sull’utilizzo dei concimi in vigna che solitamente sono a base di letame e quindi di derivazione animale. Alcune cantine pioniere del vino vegano dichiarano di aver sostituito il letame con concimi chimici. Poi ci sono questioni “estreme” oggetto di dibattito sopratutto sui social. Ad esempio nella coltivazione biologica e biodinamica si pratica la confusione sessuale per tenere lontani i parassiti dalla vite, come ad esempio si legge in questa etichetta:

Label_vegan

Ma gli insetti vittime di questa confusione sessuale non sono anche loro creature viventi? La cosa può far sorridere, ma ci sono molti in grado di argomentare concitatamente su questo tema…

E non mancano le trovate marketing dell’ultimo minuto che generano “mostri” tipo questa etichetta dove gli abbinamenti suggeriti per un vino etichettato come vegano sono carne rossa e formaggi!

vegano_incoerente

Esistono enti certificatori del vino vegano? Esistono sul mercato diversi marchi privati che identificano la caratteristica “vegan”.  “Qualità Vegetariana Vegana” è un marchio creato nel 2011 appositamente per poter certificare i prodotti conformi al disciplinare dell’Avi-Associazione vegetariani italiana. A livello internazionale una associazione molto famosa è V Label. Tuttavia ad eccezione di Qualità Vegetariana Vegana” che concede il marchio dopo verifiche ispettive dell’ente Csqa-Certificazioni, le altre associazioni private, o su base volontaria, si basano su autocertificazione prodotte dalla stesse Cantini produttrici. Il claim “vegan” in etichetta non è ancora regolamentato a livello comunitario ed è quindi una informazione facoltativa che i produttori possono aggiungere.

Le Cantine certificate che propongono vini vegani non sono molte ma sono in aumento. Dietro questo aumento probabilmente sono prevalenti le ragioni economiche piuttosto che quelle etiche. I vegani costituiscono una nicchia di mercato in crescita ed inoltre la confusione generata dalla associazione del vino vegano con un prodotto più sano o più etico potrebbe spingere anche coloro che non sono vegani e scegliere un vino che lo è. Di fatto nulla dimostra che un vino vegano sia più sano. Se sia più etico dovrà essere ciascuno di noi a giudicarlo.

 

Informazioni su La Fillossera - Innesti di vino e cultura ()
Graziana Troisi è l'autrice del blog e degli articoli. Alcuni articoli sono di Giovanni Carullo.

1 Commento su Il vino vegano esiste?

  1. In Sicilia, un vino vegano d’eccellenza è quello di Cantina Marilina. L’abbiamo raccontato anche noi, qui:
    https://vinidisicilia.blog/2016/05/19/piccole-donne-crescono-marilina-e-federica-paterno/

    Piace a 1 persona

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