La Vieste En Rose, oltre 200 cantine per raccontare il vino rosato
Poco prima del sorgere del sole, una luce rosea, talvolta purpurea o anche ramata, colora il cielo.
La Dea Aurora è “ditirosata” scriveva Omero, ovvero dotata di lunghe dita rosee.
Salvator Dalì, degustatore di segreti, nella sua guida del vino immaginifica, racconta dei vini “aurorali”
“L’aurora è il momento lieto in cui l’uomo si libera dai propri fantasmi, le tenebre si dissolvono nella luce“
Salvator Dalì
Il vino rosa è come l’aurora. Parte di un tempo tra la notte e il giorno, contenitore di sfumature, esaltatore di diversità. Ha una identità e una dignità. Non è un bianco un po’ colorato o un rosso scarico.
E tu pensi al rosato come a un vino “compiuto”?
Gli stereotipi, i pregiudizi e i luoghi comuni su questa tipologia di vino sono tanti. Persino produttori di vino lo considerano soltanto un orpello per completare l’offerta, un vino residuale più che un vino pensato in vigna e accompagnato dalla cantina alla bottiglia.
Insieme, tuttavia, è forse anche il vino primigenio, contadino. Vino di un giorno o di una notte, quando il tempo era troppo costoso per aspettare e c’era necessità di avere un vino pronto da bere e da vendere.
In ogni caso una storia minore quella del vino rosato, che in pochi raccontano.


Ma c’è chi del Rosa è innamorato, in modo libero e assoluto. Ad esempio Giuseppe Gentile, Regional Category Manager Wine Partesa Nordest – Adriatico, o Massimo Di Cintio, giornalista e comunicatore che da oltre 30 anni racconta vini, territori e ristoranti.
Da Giuseppe Gentile è nata l’idea di dare vita a La Vieste En Rose, uno degli eventi più importanti dedicati al vino rosato. L’edizione 2025 ha registrato oltre 20.000 presenze e circa 200 cantine ai banchi d’assaggio, provenienti dall’Italia e dall’estero. Non solo vino, La Vieste en rose è l’esaltazione di una terra di sole e vento. Vieste accoglie e incanta. Il faro, tinto di rosa per l’occasione, ci ricorda di non perdere mai di vista che la conoscenza del vino è un percorso che trova il suo compimento nel calice.
La giornata del primo giugno è stata una grande festa. Enogastronomia, musica e paesaggio sono stati il trampolino ideale per un divertimento gioioso e autentico.
I giorni precedenti sono stati l’occasione per confrontarsi sul senso del vino rosa e sui criteri che fanno di un vino una esperienza che va oltre il bere.
Identità del vitigno e aderenza al territorio hanno rappresentato riferimenti importanti per valutare oltre 160 vini. Una parola ripetuta spesso è stata “personalità“. D’altra parte, soltanto chi ha carattere può lasciare un segno. Non a caso i vini sono stati premiati con un cuore. La parola ricordare viene dal latino recŏrdari, col pref. re-, di cor cordis «cuore», perché, anticamente, il cuore era ritenuto la sede della memoria.
Quali vini rosa porterò nel cuore?
Durante le giornate de La Vieste En Rose ho degustato oltre cento vini rosati. Tranne poche eccezioni, devo dire in generale una buona qualità. Personalmente apprezzo anche i rosati semplici, delicati, dalla beva facile. Ogni vino ha il suo momento. Un sorso lineare, gentile può dissetare il desiderio di leggerezza e svago di un venerdì sera. Ad esempio il Rosé North Coast (Grenache, Pinot Noir, Zinfandel) di Elizabeth Spencer (California) che alla delicatezza aggiunge l’eleganza.
La grande scoperta è stata la Calabria. Rosati di carattere e personalità, da Magliocco, Greco Nero e Gaglioppo. Su tutti il Greco Nero Calabria Igt di Statti, il Ligrezza Gaglioppo Calabria Igt di Terre di Balbia e il Granatu (Magliocco Canino) Calabria Igt di Casa Comerci.

La Puglia è terra di rosati da sempre. Bombino nero, Nero di Troja e Primitivo lasciano il segno anche con un breve contatto con le bucce. Non sempre però. La tenacia del vignaiolo nel preservare le peculiarità del territorio e del vitigno fa la differenza. Ad esempio Giuseppe Attanasio, Ciatò (con il suo Ciatò Black Edition spumante extra-brut rosé Nero di Troia) o D’Araprì.
Dalla Basilicata la storica Cantine del Notaio, si conferma con Il Rogito.
Altro vino che mi ha colpito il Cannonau di Sardegna Rosada di Cantine Dolianova.
I Chiaretti Lombardi non hanno ricevuto punteggi elevati, forse perché meno d’impatto. Tuttavia nella loro classica precisione li ho trovati piacevoli. In particolare il Riviera del Garda Valtenesi Doc di Cantine Scolari.
Di beva golosa il rosato da ciliegiolo della cantina toscana Buccia Nera.
Abruzzo un po’ in sordina, ma probabilmente perché le aspettative verso il Cerasuolo d’Abruzzo sono alte. Il migliore assaggio Il Malandrino di Cataldi Madonna. Segnalerei, inoltre, le cantine Contesa, Spinelli, Cantina Frentana e Jasci & Marchesani.
Se sai sognarlo puoi farlo
Tutto comincia sempre da un piccolo passo. Uno sguardo che diventa visione, un incontro che diventa connessione. Il vino?! È un tramite, ed un acceleratore di idee e relazioni. Partecipando a La Vieste En Rose si intuisce subito la rete di persone e istituzioni che ne ha supportato la crescita, anno dopo anno.
Giuseppe Gentile e il gruppo Partesa, Studio360, Enzo Scivetti, Massimo Di Cintio, Slow Food, il comune di Vieste, i tanti sponsor e supporter, sono soltanto alcuni dei nomi dietro e dentro La Vieste En Rose. Un modello vincente da cui prendere ispirazione. Farne parte per alcuni giorni è stato un privilegio.

L’immagine di copertina e le foto sono di Cosmo di Studio360, ad eccezione della foto del Granatu che è di Michele Ruperti (Calabria Gourmet).
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