Mario Soldati “Vino al Vino” la tappa abruzzese

Mario Soldati è una figura monumentale del XX secolo. Istrionico nella sua capacità di muoversi con acume e leggerezza tra letteratura, giornalismo, televisione e cinema. Aldo Grasso lo definisce “il primo, grande media-man della cultura italiana”.

Mario Soldati è considerato anche il primo giornalista enogastronomico, ma è l’etichetta che meno gli si addice. Lo spirito di Soldati è quello del viaggiatore curioso, del wanderer, permanentemente alla ricerca della gioia, mosso più dal desiderio istintuale, viscerale che non dalla sistematicità oggettiva del reporter. La gioia è carnale, deriva dal genuino e non necessariamente dal bello. Il vino è il tramite della gioia per eccellenza, perché intrinsecamente costituito da elementi materiali e immateriali, catalizzatore di incontri, amicizia, storie.

«Fra gli scrittori del Novecento italiano, Soldati è l’unico che abbia amato esprimere, costantemente e sempre, la gioia di vivere. Non il piacere di vivere, ma la gioia; il piacere di vivere è quello del turista che visita i luoghi del mondo assaporandone le piacevolezze e le offerte ma trascurandone o rifuggendone gli aspetti vili, o malati, o crudeli; la gioia di vivere non rifugge nulla e nessuno: contempla l’universo e lo esplora in ogni sua miseria e lo assolve.»
(Natalia Ginzburg)

Vino al vino” è il compendio di questa ricerca della gioia. Non una guida, non un manuale sistematico, più vicino a un romanzo che a una inchiesta.

Sono tre i viaggi compiuti da Soldati in Italia in tre momenti diversi: 1968, 1970, 1975. I primi due reportage escono su Grazia, mentre l’ultimo su Epoca.

Nel 1957 Soldati aveva realizzato un reportage televisivo trasmesso in 12 puntate “Viaggio nella Valle del Po alla ricerca dei cibi genuini”.

Sono anni particolari per l’Italia e per il mondo del vino e del cibo, contestualizzando nel momento storico in cui Soldati si muove, molte sue affermazioni risultano più comprensibili. Siamo nell’Italia del post boom economico: il consumismo diventa uno stile di vita “positivo”, l’applicazione delle tecnologie industriali alla produzione alimentare sembra l’unica via praticabile per essere competitivi sul mercato. L’artigianato, il mondo rurale, agricolo vengono messi da parte, le campagne si spopolano alla ricerca di una vita migliore nelle città e nelle industrie.

Ecco che andarsene in giro per l’Italia alla ricerca dei vini genuini risponde al bisogno di ritrovare una autenticità, un’arte del saper fare e del saper vivere che sembrano perduti. “Razionalmente pessimista, istintivamente ottimista” Soldati, a differenza del suo amato autore Pier Paolo Pasolini, è convinto che “le lucciole ci siano ancora” a saperle cercare.

Ma c’è di più. Premette Soldati che “Se volete trovarvi bene in Italia, dovete scoprirla per conto vostro, affidandovi alla vostra fortuna e al vostro istinto, perché una grande legge dell’Italia è proprio questa: che, da noi, tutto ciò che ha un titolo, un nome, una pubblicità, vale in ogni caso molto meno di tutto ciò che è ignoto, nascosto, individuale.” e non per una mero anticonformismo ma per una differenza culturale degli italiani, rispetto ad esempio ai francesi. Quella italiana è una “civiltà anarchica, scontrosa, ribelle. Da noi, l’uomo di valore, come il vino prelibato, schiva ogni pubblicità: vuole essere scoperto e conosciuto in solitudine, o nella religiosa compagnia di pochi amici”. Caratteristica di costume che sembra descrivere bene anche gli abruzzesi.

Mario Soldati in Abruzzo

Mario Soldati arriva in Abruzzo nell’autunno del 1975. Il primo impatto con la regione non è facile: arriva a L’Aquila di primo pomeriggio, sotto una “pioggia battente”. Il freddo segna le sue prime giornate. Il suo contatto è Vittorio Janni, di lui Soldati non riesce a farsi una idea precisa e a tratti sembra non apprezzarlo particolarmente. Pensava di trovare in Janni un piccolo produttore appassionato e, invece scopre che è un distributore di medie dimensioni, in quanto compra il vino dai Baroni Cataldi Madonna e lo imbottiglia. Del giudizio sul vino di Cataldi Soldati non è sicuro, troppo influenzato dal contesto, dopo mesi di distanza ricorre al suo inseparabile taccuino per chiarirsi le idee, ma fa fatica a interpretare i suoi stessi appunti. Assaggiando a distanza di tempo il Montepulciano lo trova, però, “squisito”.

Emidio Pepe e la moglie Rosa “vestiti unisex” lo accolgono all’Hotel Michelangelo. All’epoca il Michelangelo era hotel modernissimo, “mostruosità dell’architettura moderna” secondo Soldati che ritiene (e la storia gli darà ragione) che la fortuna di chi vive in provincia saranno “quelle poche vecchie casette che ancora restano”. Emidio Pepe fa il vino in maniera “rigorosamente tradizionale e famigliare”. Ha già compreso il potenziale di invecchiamento dei suoi vini e, soprattutto, li vende ad un prezzo per i tempi altissimo: da mille a duemila lire per bottiglia. Assaggiano il Trebbiano d’Abruzzo 1973 e il Montepulciano d’Abruzzo 1970 (duemilacinquecento lire a bottiglia). Soldati elegge il Trebbiano “di Teramo il migliore Bianco di tutti gli Abruzzi”.

La Famiglia Pepe

A Pescara Soldati incontra Carmine Festa e Domenico Tenaglia. Carmine Festa, enologo e figura cardine del mondo del vino abruzzese viene descritto “Piccolo, biondo, ridente; non soltanto vivace, ma vitale. Gli devo molto. In pochi giorni siamo diventati amici”. Il vino è tramite di amicizia, anzi come diceva Veronelli occorre riconoscere il vino stesso come amico. Mario Soldati descrive sempre le persone che incontra, come si presentano, come sono vestiti. Questi elementi sono imprescindibili dalla gioia e dalla comprensione del vino; ne condizionano la percezione del gusto e la sua piacevolezza o meno.

Ogni vino scoperto è una occasione di incontro ed anche di riflessioni. Con le sue “guide” Soldati visita Miglianico, ritrova anche un suo vecchio amico, il giornalista Gaetano Petrosemolo. Con lui passeggia nelle vigne che ” si distendono senza interruzione per quarantacinque ettari in pianura, serrate, frastagliate, screziate di verde di giallo di rosso di viola: e sembrano raggiungere l’orizzonte, là dove s’innalza, visione bianca e azzurra, la Majella con tutta la sua neve!“. Una visione meravigliosa che suscita in lui e Petrosemolo “considerazioni tristissime” per la sensazione di una perdita imminente di questo mondo rurale, autentico, tradizionale.

È il Cerasuolo del Cerreto a colpirlo “buono in qualsiasi occasione: fuori pasto e a pasto […] se una legge mi obbligasse ad acquistare un vino solo, candidato preferenziale sarebbe il Cerasuolo del Cerreto”. Questa affermazione un po’ estrema ci racconta un aspetto del carattere di Soldati, la sua capacità di entusiasmarsi. Anzi, potremmo andare oltre, perché Soldati è curioso e partecipativo, facile ad eccitarsi davanti a un vino, meglio se sconosciuto e senza etichetta, come a infervorarsi davanti a quelle che ritiene brutture dell’epoca moderna. E proprio in Abruzzo si accalora nuovamente di fronte ai colossali cilindri di abbagliante biancore che “profanano” il paesaggio: le Cantine Sociali. “Salteranno mai fuori le bustarelle che hanno percepito? Se proprio si dovevano fare, non era più pratico e meno costoso farle in pianura?”. È Carmine Festa a farlo ragionare sulla necessità delle Cantine Sociali, laddove manca una organizzazione meticolosa e capillare che possa tutelare i tanti piccoli coltivatori.

L’ultima tappa più significativa del Grand Tour abruzzese di Soldati è sicuramente la città di Guardiagrele, dove trova “un’ospitalità generosa e umanissima”. Visita la tenuta Mezzanotte e resta abbagliato dalla bellezza di Maria Gabriella Mezzanotte, all’epoca diciannovenne (diventerà poi la moglie di Nicola Santoleri) “donna, mistero senza fine bello” . Incontra poi un giovane Nicola Santoleri, studente ventisettenne che a Crognaleto si occupa dell’azienda enologica famigliare. Trova nei suoi vini equilibrio e vivacità.

Non mancano appunti gastronomici in Vino al Vino e in Abruzzo Soldati trova il miglior pesce dell’Adriatico dal ristorante Guerino a Pescara, il vino cotto, le neole dolci o appena salate, le “zizze delle monache” di Emo Lullo e le buie (budelle di maiale ripiene).

Gli resta la curiosità di provare il Peligno Bianco, segnalato dal giornalista Cyril Ray nel suo “Il libro d’oro dei vini d’Italia” che Soldati si porta sempre dietro insieme all’atlante automobilistico del Touring. Probabilmente un Trebbiano fatto a Pratola Peligna. Janni gli dice che il Peligno non esiste più. Ma poi, un altro (il professor Santoro Colella che conosce a cena da Guerino) gli dice che invece si fa ancora. Fatto sta che Soldati non riesce ad assaggiarlo e questo Peligno Bianco si configura come quel famoso “vino del desiderio che nessun vino vero potrà mai eguagliare”.


Da Abruzzese che lavora nel mondo del vino da tanti anni, avevo in mente di realizzare una degustazione dedicata a questo viaggio di Soldati nella mia regione. Il modo migliore era farlo con l’Associazione Assosommelier con la quale collaboro in modo da poterla condividere con persone appassionate della materia quanto me. Ho trovato in Antonio Ruzzi, collega e compagno di buone bevute (nonché presidente di Assosommelier Abruzzo) il “socio” ideale per dare forma a questa idea. Antonio si è esaltato subito davanti alla mia proposta, con entusiasmo soldatiano oserei dire.

Il primo dicembre, presso l’Hotel Promenade a Montesilvano, si è svolta la degustazione “narrata” dedicata a Mario Soldati in Abruzzo.

Abbiamo scelto sei vini che ci aiutassero a raccontare il viaggio in Abruzzo:

  • Metodo Classico Eredi Legonziano millesimato 2014 dedicato a Carmine Festa, primo storico enologo della Cantina
  • Trebbiano d’Abruzzo 2021 Emidio Pepe
  • Trebbiano d’Abruzzo Crognaleto 2015 Santoleri
  • Cerasuolo d’Abruzzo Pie’ delle Vigne 2020 Cataldi Madonna
  • Montepulciano d’Abruzzo Riserva “Il Fondatore” Cantina Miglianico (il fondatore della Cantina sociale di Miglianico Don Vincenzo Pizzica citato da Soldati)
  • Montepulciano d’Abruzzo Crognaleto Riserva 2004 Santoleri

Ospite della serata Giovanni Santoleri, figlio di Nicola Santoleri. Abbiamo accompagnato la degustazione dei vini con alcuni prodotti tipici abruzzesi tra cui le neole salate e le Sise delle Monache della Pasticceria Emo Lullo di Guardiagrele.

“Un vino bisogna considerarlo come il volto di una fanciulla, come un cielo, un tramonto, un paesaggio, un’opera d’arte, come qualcosa, insomma, che vive e che fa parte della nostra vita”.

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La Fillossera è Graziana Troisi. Sono l'autrice del blog e degli articoli.

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