Tenuta di Saragano: vini che raccontano l’Umbria storica e rurale
"L'Umbria, cioè qualcosa di chiuso, calmo, ordinato, apparentemente aggraziato ma nascostamente simmetrico e quasi ispirato del sentirsi il tranquillo centro ovale di una figura allungata, agitata, stretta tra le montagne, l'Italia!"
Con queste parole Mario Soldati descrive la regione, destinazione del mio viaggio, in “Vino al vino“, probabilmente il migliore testo sul vino mai scritto in Italia, che non mi stanco mai di citare.
L’Umbria mi accoglie con il suo solito meraviglioso “paesaggio interno”, privo di eccessi in cui tutto appare dolce e confortante.
L’appuntamento è presso La Ghirlanda, agriturismo di charme e wine resort immerso nel verde della Tenuta di Saragano, proprietà della famiglia Pongelli Benedettoni.
Siamo a Saragano, piccolo borgo a pochi km da Gualdo Cattaneo, nell’estremità più ovest del comprensorio dei vini di Montefalco. La tenuta vanta quasi 250 ettari di terreno, di cui solo 12 selezionati per la vite. Alcuni vigneti sfiorano i 500 metri di altitudine, la massima quota di tutta la denominazione Montefalco. Tutto i restanti ettari sono destinati a grandi boschi, uliveti, seminativi e all’allevamento biologico di bovini di razza Chianina allo stato brado.


Vedute panoramiche da La Ghirlanda con l’antico Borgo di Saragano e bovini di Chianina al pascolo libero
Ad attendermi c’è Matteo De Paoli, responsabile aziendale della comunicazione, il cicerone che vorresti sempre avere in ogni visita in cantina.
Riusciamo appena a terminare il pranzo all’aperto con vista sul borgo di Saragano, che il meteo peggiora all’improvviso, cambiando i nostri piani pomeridiani.
Rimandata la visita ai vigneti, ne approfitto per scoprire gli interni della villa padronale di inizio ‘900 che ospita il wine resort.
Tra mobili d’epoca, dipinti di famiglia, libri antichi e salotti dalle luci soffuse si respira aria di altri tempi, sospesi e dilatati. Mi lascio conquistare dall’atmosfera rilassata e dal fascino dell’autentico relax di campagna, amplificati dal rumore della pioggia. Per un attimo mi dimentico completamente del vino.










Ma ecco che Soldati, di nuovo lui, mi ricorda il motivo della mia visita: “bisogna andare al vino, affondare il piede nella terra e guardare negli occhi chi lo fa, perché il vino racconta quella terra, quel mondo”.
E allora andiamo dal vino e da chi lo fa, visto che nella terra rischieremmo veramente di affondare per la pioggia.
Usciamo, qualche metro a piedi e siamo nella sala degustazione de La Ghirlandina, la nuovissima struttura aziendale per eventi, wine tasting e cooking class. Ad aspettarci ci sono il conte Riccardo Pongelli Benedettoni e il socio e winemaker Ivan Vincareti che mossi dalla passione per l’agricoltura biologica e il vino di qualità hanno realizzato un progetto d’impresa comune: valorizzare le uve dei vigneti di Sagrantino nelle loro rispettive aziende confinanti.
La prima batteria di degustazione include le ultime annate in commercio:
Montacchiello 2017 è grechetto di Todi in purezza, 100% acciaio. Giallo dorato di grande personalità, con bouquet intenso ed intrigante: nocciola tostata, erbe aromatiche, note minerali e zenzero candito. In bocca conferma una potente carica aromatica. Caldo e pieno, chiude con leggero ritorno delle note di frutta secca tostata e una scia sapida che sostiene il sorso.
Umbria Rosso 2018 è 80% sangiovese e 20% merlot, unico vino rosso affinato in acciaio. Rubino tenue e trasparente. Al naso una golosa esplosione frutta rossa fresca e fiori, a seguire note di liquirizia. Il sorso è snello e scattante, appaga con un allungo fruttato che non ti aspetti.
Montefalco Rosso 2015, uvaggio 60% Sangiovese, 25% Merlot e 15% Sagrantino, affina 18 mesi in barrique e 1 anno in bottiglia. Il rosso rubino si fa più scuro e il naso più profondo. Spezie dolci e amarena anticipano note di cuoio, tabacco e cioccolato. Al palato è caldo ed espressivo nei ritorni speziati e fruttati, generoso nel tannino.
Montefalco Rosso Riserva 2016 ha lo stesso uvaggio del precedente con più Sagrantino e meno Merlot. Naso scuro, in prevalenza note terziarie meno definite ed espressive del Montefalco Rosso 2015. Alla lunga emerge un profilo balsamico. Gioca le sue carte migliori sul piano gustativo: pieno, ampio e lungo con tannino meglio disegnato del precedente, nonostante l’anno in meno.
Montefalco Sagrantino 2015 da sagrantino in purezza, ovviamente. Affina 2 anni In barrique francesi e altri 2 in bottiglia.
Annata più recente di Sagrantino sul mercato, prodotta in soltanto 2000 bottiglie numerate. Note scure di more e mirtilli, a seguire cuoio, chiodi di garofano e tabacco. Potente e preciso al palato, ha una trama tannica importante ma di ottima definizione.
Montefalco Sagrantino 2017 è un campione di botte imbottigliato appositamente per “Anteprima Sagrantino 2017”. Quadro olfattivo più caldo e maturo del precedente, a testimonianza dell’annata particolarmente torrida. Emergono prugna secca, note di china e pepe nero. Si conferma caldo anche all’assaggio, con un frutto maggiormente evoluto. Il tannino più ruvido reclama tempo e pazienza.
Terminata la prima batteria, si prosegue con un approfondimento sull’evoluzione del sagrantino.
Montefalco Sagrantino 2014
Il bouquet si fa ammaliante, sussurrato su fiori appassiti, spezie dolci e pepe bianco.
Sorprende per equilibrio, allungo e precisa combinazione tra tannino e frutto. Elegante e potente.
Un grande vino figlio di una piccola annata ben gestita in vigna con la riduzione delle rese.
Montefalco Sagrantino 2012
Meraviglioso rosso rubino giocato su brillanti trasparenze. Fine e penetrante: tabacco, cuoio e arancia essiccata.
Sorso di incredibile precisione e finezza tannica. Setoso, sottile e persistente. Vino della giornata.
Chiudiamo la degustazione con il Sagrantino Passito prodotto in poche centinaia di bottiglie da 37,5 cl.
Note di uva passa e miele di castagno anticipano una beva golosa, snella, dinamica e ben contenuta nella dolcezza perfettamente integrata con il tannino.
Una sessione di assaggi molto esaustiva, piacevolmente condivisa e commentata con tutti i presenti. Ad accompagnare i vini, gli ottimi stuzzichini gourmet preparati dalla padrona di casa e chef Amalija Pongelli direttamente nella cucina laboratorio de La Ghirlandina.











Sistemo le bottiglie sul tavolo per uno scatto finale e ripercorro mentalmente tutti gli assaggi.
Trovo un filo comune che lega i vini di Tenuta di Saragano: la sensazione di ricercato equilibrio, frutto dell’attesa e della pazienza. Una volta imbottigliati i vini vengono affinati prima in una grotta naturale a Frontignano alla temperatura costante di 14 gradi e poi riportati nella cantina di Saragano in una apposita cella di affinamento. Un lungo e faticoso lavoro che dimostra come volontà aziendale sia quella di attendere per presentare in commercio vini con personalità e controllo, piuttosto che aver fretta di vendere ad ogni costo.
I vini di Saragano non tradiscono il precetto di Soldati: sono il racconto dell’Umbria storica e rurale da cui nascono.

Nel frattempo il tempo è migliorato. Matteo mi propone una visita dei vigneti a bordo del “Polaris” e ne approfitto. Scoprirò poco più tardi che si tratta di un piccolo mezzo 4×4 da vero e proprio enoturismo “estremo”.
Prima tappa il vigneto storico aziendale “Il Palazzo”, il più vicino al wine resort La Ghirlanda, da cui si ottengono i rossi più importanti. Filari numerati e intervallati da rose in fiore ospitano il clone antico di Sagrantino dei primi del ‘900, Sangiovese e Merlot. Siamo sulla sommità del poggio intorno al quale si sviluppa la tenuta, a quasi 500 metri di altitudine, la più alta della denominazione Montefalco.
Più di recente sono stati piantati Trebbiano Spoletino, Montepulciano e diversi cloni di Sangiovese per sperimentare nuovi vini, nel pieno rispetto delle tradizioni territoriali.



Qualche slalom tra gli ulivi e dopo una stradina in discesa tra le vigne arriviamo alla terrazza che affaccia a strapiombo sui vigneti di Grechetto. Sulla collina di fronte a noi un’antica torre di avvistamento di stampo rettangolare di origini saracene, attuale dimora del proprietario della tenuta.
Da un lato il verde dei vigneti e dei boschi, dall’altro il cielo scuro, separati da sottili nubi che si muovono veloci. Un meraviglioso quadro della natura reso ancora più suggestivo dal totale silenzio.







Ultima tappa la cantina che colpisce per il contrasto tra antico e moderno. Minimal e di design la nuovissima parte dedicata alla vinificazione e all’affinamento in acciaio. Più tradizionale e storica le aree dedicate alle barrique e alle celle sotterranee di affinamento in bottiglia. Qui troviamo l’etichetta più antica della storia del sagrantino. Si tratta di un sagrantino vin santo del 1921 che testimonia come il 2021 sarà la centesima vendemmia aziendale storicamente documentata. Al suo fianco riposa la prima etichetta aziendale del sagrantino secco del 1954.

La giornata successiva è bellissima e ne approfitto per tornare alla vicina vigna “Il palazzo” circondata da una luce meravigliosa che amplifica tutti i colori della natura.
“Nei Paesi in cui il vino è buono, tutte le strade portano a un cantina” scrive Max Gérard nell’opera “The Wines of Gala” illustrata da Salvador Dalì. Solo alcune però portano in luoghi che non sono cantine qualsiasi ma veri paradisi per gli appassionati di vino come noi.
Da Tenuta di Saragano vale la pena “andare dal vino” e restare qualche giorno per viverlo e goderlo a pieno: dormire a un passo dalle vigne, degustare i vini direttamente in compagnia dei produttori, passeggiare e rilassarsi tra le vigne.
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