Il Pignoletto, il vino dei Colli Bolognesi
Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia scrive che in “apicis collibus bononiensis” si produceva un vino frizzante e albano (biondo) molto particolare ma non abbastanza dolce da incontrare il gusto dei romani. Il vino descritto potrebbe essere proprio il Pignoletto, in questo caso l’etimologia del nome sarebbe “pinus laeto” come riportato dallo stesso Plinio. Secondo altre teorie il nome del vitigno deriverebbe dalla forma del grappolo simile a una pigna.
Il Pignoletto, uva dalla buccia pruinosa e consistente di colore verde giallastro, ha il suo luogo d’elezione sui colli bolognesi, ma viene coltivato anche in pianura a nord di Bologna. Si trova, inoltre, in provincia di Rimini dove prende il nome di Rebula.
Molti studi hanno evidenziato la corrispondenza tra il Pignoletto e il Grechetto gentile, localmente conosciuto anche con il nome di Alionzina.
Nel 2010 è stata istituita anche la Docg Colli Bolognesi Classico Pignoletto che si è aggiunta alla Doc Pignoletto. Il vitigno entra a far parte anche delle doc Reno, Colli Bolognesi e Colli di Imola.
Le tipologie di produzione prevedono la versione ferma, frizzante (con rifermentazione in bottiglia) spumante, passito e vendemmia tardiva.
Il vino che si ottiene dall’uva pignoletto esprime aromi freschi di fiori e frutta e un gusto fragrante, soprattutto nella versione frizzante. I riconoscimenti principali sono il mughetto, il biancospino, la pesca bianca e il cedro. In alcune versioni ferme (con affinamento in acciaio o in rovere) dimostra una maggiore intensità dando origine a vini ricchi, sapidi e longevi.
La temperatura di servizio ideale è tra gli 8° e i 10° e gli abbinamenti classici sono quelli con i piatti della tradizione bolognese, dalle tigelle e crescentine ripiene di salumi ai tortellini in brodo.
Una delle fonti per questo articolo è l’indispensabile Guida ai vitigni d’Italia, Slow Food Editore.
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