Pablo Neruda e il vino come splendore terrestre della vita

Il 23 settembre del 1973 a Santiago del Cile, mentre Pinochet prendeva il potere con un golpe militare, Pablo Neruda moriva. L’ultimo atto di una esistenza piena e intensa, ispirata dalla opposizione a tutte le dittature, al colonialismo e all’imperialismo. Il suo cuore era comunista e il suo impegno politico era prima di tutto impegno civile.

Per Neruda la poesia era un atto di pace, il canto della vita; l’espressione libera dell’essenza umana. E se il suo verso libero è riuscito a spaziare dalla politica, all’amore alla natura, sempre ha saputo custodire il seme della semplicità. La sua grandezza stava nel saper cogliere la carica vitale e sensuale presente in ogni elemento dell’esistenza. Compose, infatti, moltissime Odi elementari. Una di queste è la Ode al vino.

Il vino, figlio della terra, è un elemento parte di un racconto corale, espressione di una sensualità carnale e magica e, insieme, mezzo di scambio amichevole e intelligente che può ricordare all’uomo il suo rapporto con la terra e il dovere di rispettarla.

 

Vino color del giorno,
vino color della notte,
vino con piedi di porpora
o sangue di topazio,
vino, stellato figlio
della terra, vino, liscio
come una spada d’oro,
morbido come
un disordinato velluto,
vino inchiocciolato
e sospeso,
amoroso, marino,
non sei mai presente in una sola coppa,
in un canto, in un uomo,
sei corale, gregario,
e, quanto meno, scambievole.
A volte ti nutri di ricordi
mortali, sulla tua onda
andiamo di tomba in tomba,
tagliapietre del sepolcro gelato,
e piangiamo
lacrime passeggere,
ma il tuo bel
vestito di primavera
è diverso,
il cuore monta ai rami,
il vento muove il giorno,
nulla rimane
nella tua anima immobile.
Il vino muove la primavera,
cresce come una pianta di allegria,
cadono muri, rocce,
si chiudono gli abissi,
nasce il canto.
Oh, tu, caraffa di vino, nel deserto
con la bella che amo,
disse il vecchio poeta.
Che la brocca di vino
al bacio dell’amore aggiunga il suo bacio

Amor mio, d’improvviso
il tuo fianco
è la curva colma
della coppa
il tuo petto è il grappolo,
la luce dell’alcol la tua chioma,
le uve i tuoi capezzoli,
il tuo ombelico sigillo puro
impresso sul tuo ventre di anfora,
e il tuo amore la cascata
di vino inestinguibile,
la chiarità che cade sui miei sensi,
lo splendore terrestre della vita.

Ma non soltanto amore,
bacio bruciante
e cuore bruciato,
tu sei, vino di vita,
ma amicizia degli esseri,
trasparenza,
coro di disciplina,
abbondanza di fiori.
Amo sulla tavola,
quando si conversa,
la luce di una bottiglia
di intelligente vino.
Lo bevano;
ricordino in ogni
goccia d’oro
o coppa di topazio
o cucchiaio di porpora
che l’autunno lavorò
fino a riempire di vino le anfore,
e impari l’uomo oscuro,
nel cerimoniale del suo lavoro,
e ricordare la terra e i suoi doveri,
a diffondere il cantico del frutto.

Informazioni su La Fillossera - Innesti di vino e cultura (Articoli)
La Fillossera è Graziana Troisi. Sono l'autrice del blog e degli articoli.

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